LA FAMIGLIA E LO STUDIO
Suor Ada Taschera figlia di Natale e Ines Bonazzi
nacque a San Giorgio di Mantova il 14 aprile 1903 in una
patriarcale famiglia della campagna mantovana. Il padre
Natale, imprenditore edile, notate le doti scolastiche della
primogenita (dopo di lei nascevan o due figli uno dei quali
mori all'età di due anni), decise di iscriverla all'Istituto
Magistrale. Nel 1920 Ada consegui il diploma di maestra e lo
stesso anno si iscrisse alla Facoltà femminile di Magistero
a Firenze, nel Corso di laurea in Materie Letterarie.
Concluse gli esami nel 1924, rinunciando alla discussione
della tesi di Laurea per seguire il fratello Aldo a Milano
dove aveva trovato impiego, dato che la sua lontananza
preoccupava i familiari.
Cosi scrive Suor Ada nella
sua breve «Storia della Piccola
Opera»:
«(Nacqui) da una famiglia onesta,
religiosa per tradizione, povera, di un paese di
campagna, che mi ha fatto studiare con sacrificio, poiché
era stato detto loro che sarebbe stato un peccato non farmi
studiare con l'intelligenza che dimostravo... Mi sono trovata fuori casa giovanissima: a
16 anni ero maestra e a 21 anni e mezzo avevo già fatto i
quattro anni di magistero a Firenze. Mi sono trovata nel
mondo inesperta, se pur con un forte senso critico, senza
solide basi religiose, un catechismo mal insegnato, non
continuato perché nelle scuole allora non c'era né il
crocifisso, né l'insegnamento religioso, e lontana dalla
Chiesa perché, per un incidente successo con il parroco del
mio paese, non avevo più frequentato la Chiesa».
NELL’AMBITO DEL LAVORO
Insieme al fratello Aldo, Ada visse alcuni anni a
Milano dove fu assunta come impiegata presso la ditta
Lagomarsino produttrice di macchine da scrivere. Nel 1928 la
Taschera venne trasferita a Genova a dirigervi la filiale
della Lagomarsino e contemporaneamente il fratello veniva
assunto nella stessa ditta. Arrivarono a Genova il 28
febbraio 1928 e Ada Taschera iniziò subito il suo difficile
compito direttivo tra numerosi impiegati. Trovò alloggio
presso il Pensionato delle Suore della Purificazione in Via
Serra, e lì conobbe la Signorina Teresa Carbonaro di
Cividale del Friuli che divenne poi una grande amica e
benefattrice della P.O.R.A.

Come è sorta l'Opera?
«Anch'essa ha
radici nel mio sangue» - affermava Suor Ada.
La sua mamma spesso ripeteva con una certa convinzione che
uno dei suoi figli sarebbe stato
«una grande cosa nella Chiesa»:
pensava che il figlio diventasse Sacerdote e per questo
pregava. Il figlio invece si sposò con delusione della madre.
«Avevo tanto sperato di avere un figlio
prete» -
disse un giorno. Ada la consolò: «Una cosa nella
Chiesa sarà quello che è morto piccolo, era un angelo
ed è in Paradiso». Ma la mamma: “Eh no. Non è
quello!”. Al che Ada rispose: “Non sarò certo io!”
e mentre diceva così sentì dentro una voce ben chiara: “E se
invece fossi proprio tu?”. Come lei stessa racconta, “rispose” a
quella voce con una scrollata di spalle. Tra l'altro era
fidanzata e pensava di sposarsi, di formarsi una famiglia,
ma il Signore... capovolse i suoi piani.
La Direttrice (come sempre veniva chiamata) parlava
spesso, specialmente alle prime figlie, dei fatti che hanno
preparato le origini della Piccola Opera e di conseguenza
raccontava con estrema semplicità e chiarezza vari episodi
della sua vita che hanno dello straordinario. Affermava, tra l'altro, che il Signore l'aveva istruita
direttamente e le aveva dato alcune prove tangibili
servendosi soprattutto di sogni che poi si realizzavano. I
primi sogni si riferivano a lei personalmente, al suo
ambiente familiare e di lavoro, a vicende anche dolorose che
poi si avveravano per filo e per segno. Il fatto che si
avverassero era un modo per farle capire che doveva prestare
attenzione ai sogni, ai quali normalmente non si dà
importanza. Lei infatti ne avrebbe avuto di importanti e
credibili che le avrebbero manifestato la Volontà di Dio
circa l'attuazione di un meraviglioso disegno d'amore nella
sua anima e nella Chiesa.
UN SOGNO
Ecco come la
nostra Fondatrice racconta il sogno, uno dei tanti, che
potremmo definire il «sogno delle origini». Premettiamo che durante la seconda guerra mondiale, anche
per la famiglia Taschera si rese necessario il trasferimento
in un luogo lontano dai bombardamenti su Genova: dal 1943 al
1945 circa Ada visse a Pietrabissara, provincia di
Alessandria e diocesi di Tortona, dove era parroco Don
Valentino Vailati, poi Vescovo di San Severo e infine
Arcivescovo di Manfredonia - Vieste in Puglia.
«Si venne verso la fine della guerra e feci
un sogno: sognai la chiesetta dove ero sfollata, spoglia, e
il prete come fuggiasco... vestito in borghese e
stazzonato... ma al suo fianco una statua di san Giuseppe.
Cambiata scena era rimasta la statua di san Giuseppe, il
Sacerdote di nuovo vestito dei paramenti sacri, scendeva
verso di me tenendo alto l'Ostensorio; al che io confusa
pensai: ma io non posso stare in piedi davanti al Santissimo
... e mi buttai in ginocchio e sempre in ginocchio mi
trascinai sino alle balaustre dell’altare. Questo sogno mi fece una grande impressione, non lo potevo
scordare, capivo che dovevo dirlo ad un prete. Entravo in
tutte le chiese, guardavo i Sacerdoti e scuotevo il capo:
"Non era quello!” Venne la festa di S. Giuseppe, allora di
precetto. Io ero sempre sfollata a Pietrabissara.
Nella predica il parroco parlò di S. Giuseppe e
come fosse stato avvertito in sogno. Andai al confessionale
e gli dissi del sogno. Mi rispose “Ma questo è un bellissimo
sogno!" al che io replicai: "Oh, no, io sono preoccupata per
i Sacerdoti e per la Chiesa”. Nessuno può immaginare quello
che ho provato quando dalle mie labbra è uscita la parola
“chiesa”… Mi venne davanti mia madre (ricordai le sue
parole:"una grande cosa nella chiesa"), mi si agghiacciò il
sangue. Ero io... e mi ricordai della voce di tanti anni
prima. Tagliai corto, non proseguii, non dissi nulla di
tutto questo. Ero una persona che in generale sbrigava le
cose a tu per tu con il Signore. Al pomeriggio quando ritornai in Chiesa per il Vespro, il
parroco lesse una preghiera: era la preghiera di S. Pio X
che ora noi recitiamo tutti i giorni per la santificazione
del Clero. Quel giorno di tutta la preghiera non mi colpì che una
frase: "confessiamo di esserci resi indegni di avere santi
Sacerdoti... ". Quando ritornai al confessionale, dopo otto giorni, il
confessore mi disse: "Perché lei non fonda un ordine di
suore?”- “Io? Ma neanche per sogno... Per carità, non ho mai
avuto simpatia per le suore… Ma poi io nel sogno non ero
vestita da suora… ero vestita così come sono ora” – “Ma non
c’è bisogno, rimanendo così, in borghese, com’è vestita ora,
per aiutare i Sacerdoti!”.
In seguito mi raccontò che la stessa sera in cui
gli avevo detto del sogno, mentre era inginocchiato in
camera a pregare, aveva avuto come una visione: aveva visto
un gruppo di signorine in borghese che si davano dattorno a
lavorare per i Sacerdoti. E ripeteva spesso: “io posso dire
di aver visto questo”.
In quel paese io ero sfollata, quindi non ero
fissa: ero di Genova per cui il confessore mi disse che
L'Opera doveva sorgere a Genova, anche perché a Genova,
essendo città grande, avrebbe potuto iniziare e prendere
campo senza suscitare pettegolezzi. Un'opera per i preti era cosa delicata... poi a Genova c’era
il Card.Siri, uomo lungimirante, ecc. ecc. e a conclusione
mi disse che conosceva un Sacerdote che aveva tenuto a loro,
a Tortona, un Corso di Esercizi, che mi sarei trovata bene
con lui perché era dotto e di preghiera, e mi spedì
dall'allora Don Recagno. Da tener presente che ero a Genova da quindici anni, ma non
conoscevo l'ambiente ecclesiastico; non me ne ero mai
occupata e non sapevo neppure cosa fosse l'Azione Cattolica.
Questo era nel novembre del 1945, appena finita la guerra».
La Direttice si informò e andò a confessarsi da Mons.
Recagno per sei mesi con lo scopo di farsi conoscere
“dicendogli pian piano tutto”.
GLI INIZI
Mons. Recagno era molto prudente e andava con i piedi
di piombo... Infatti, quando la Direttrice gli parlò
esplicitamente dell'idea di fondare un'Opera per i
Sacerdoti, si mostrò decisamente contrario. La Direttrice
non si scompose sicura che, se il Signore voleva l'Opera,
nessuno avrebbe potuto opporvisi. Ma le si presentarono tali
e tante difficoltà che ad un certo punto le venne il dubbio
di essere “matta” (come lei stessa raccontava). Prese il
treno e si recò nel mantovano per chiedere se nella sua
famiglia ci fosse stato per caso qualche pazzo.
Tranquillizzata dalla madre, decise di mettere a tacere la
cosa affidando tutto al Signore. Sennonché, dopo un certo
tempo, Mons. Recagno le disse di aver parlato con Mons.
Pietro Zuccarino, allora Rettore del Seminario genovese (e
poi Vescovo di Bobbio). Combinazione aveva avuto anche lui
un'idea del genere e aveva formato un gruppo chiamato «le
dodici stelle» con lo scopo di pregare per i Sacerdoti e i
Seminaristi. Accolse pertanto con una certa benevolenza la
Direttrice, incoraggiò la sua idea e anzi la mise subito al
lavoro affidandole dapprima due seminaristi delle medie e
poi parecchi altri orfani di mamma e bisognosi di aiuto. Tra
l'altro bisognava lavare e stirare la loro biancheria
personale ogni settimana.
LA PRIMA AMICA
Ancora la
Direttrice racconta:
Nel frattempo era arrivata a Genova dal Friuli la signorina
Carbonaro la quale av eva sempre avuto l'intenzione di fare
qualcosa nella Chiesa: voleva interessarsi di bambini e per
questo una volta mi aveva portata a Piacenza, ma a chi me lo
proponeva (di fondare un’opera per bambini), avevo risposto
decisamente di no. Parlai alla Carbonaro dell'Opera per i
Preti. Eravamo in via Martin Piaggio. Si fermò a capo chino,
pensierosa, mentre mormorava... per i Preti... per i
Preti... poi alzando il viso e guardandomi... “Non è cosa
facile sa? Ma... ebbene se si deve fare per i Preti faremo
per i Preti”.
Aveva accolto l'Opera e vi rimase fedele sempre e
cominciò subito a lavorare e a rammendare le calze dei
seminaristi».
La signorina Carbonaro era una persona facoltosa
residente a Cividale del Friuli ed era solita passare
l’inverno a Genova insieme alla sua governante. Era
alloggiata presso il pensionato delle Suore della
Purificazione, frequentato principalmente da giovani
studentesse e impiegate. Quando la Direttrice, all’età di ventitré anni, venne a
Genova perché aveva trovato un impiego presso la Ditta
Lagomarsino, trovò alloggio presso tale pensionato e fu lì
che conobbe la signorina Carbonaro. La signorina Carbonaro aveva allora più di quarant’anni,
amava molto la compagnia e i giovani e si era molto
affezionata alla Taschera forse per la sua disponibilità ad
ascoltarla e a conversare con lei. Da notare che la
Direttrice ha sempre affermato di “dedicarsi” alla Carbonaro
unicamente perché aveva capito che aveva bisogno di
compagnia e non per interesse. Le ragazze ospiti del
pensionato avevano ben altri interessi e il loro tempo
libero lo dedicavano in passatempi e divertimenti consoni
alla loro età. Tuttavia anche se il legame con la signorina Carbonaro era
nato semplicemente come atto di cortesia, divenne poi un
solido e profondo rapporto di sincera amicizia.
LE PRIME DUE FIGLIE E LE AMICHE
«Avevo con me, in ditta Lagomarsino, due giovani:
parlai loro della cosa, dello scopo e vi aderirono senza
saper bene neppure loro come sarebbe andata . ...Eravamo poche, senza una sede nostra, senza posto dove
esplicare il nostro lavoro, ma tutto questo per noi era
niente: la ditta Lagomarsino divenne la nostra sede, il
magazzino il nostro laboratorio, il lavandino dell'officina
la nostra lavanderia e la finestra dell'officina che dava in
piazza Santa Marta il nostro stenditoio... Di giorno lavoravo e di sera, quando uscivo dall'ufficio,
andavo di casa in casa a far propaganda dell'Opera:
insistevo sul dovere di tutti di pregare per i nostri
Sacerdoti e di aiutarli anche materialmente perché uscivano
anche loro dalla guerra bisognosi di tutto. Ma era uno scopo
che non tutti potevano comprendere, né che tutti
comprendevano, ma in generale riuscivo a far breccia e a
trovare corrispondenza e a legare all'Opera amiche fedeli».
ILCARDINALE SIRI BENEDICE
«Intanto Don Vailati, parroco del paese dove
ero sfollata, era diventato rettore del Seminario di
Tortona, e scrisse al Cardinale parlando dell'Opera e
chiedendo che venisse accolta». Da
notare che il Cardinale era già stato informato da Mons.
Rec agno circa le intenzioni della Taschera; anzi aveva
voluto conoscerla e parlare con lei. Però... non si lasciò
convincere alla prima, preferì attendere e «stare a
vedere». La lettera di Mons.Vailati volle essere come un
sollecito ad una risposta.
«Mons.Zino (dell'Ufficio Amministrativo Diocesano
di Genova) mi dette a sua volta dei nomi di Sacerdoti in
necessità e mi consigliò di fargli avere ogni mese la
distinta del lavoro che si svolgeva: l’avrebbe fatta vedere
al Cardinale.
Questo atto fu determinante: di fronte ai fatti il
Cardinale andò a rispolverare quanto gli era stato scritto in merito e dette il
suo incoraggiamento e la sua benedizione.
Era il
dicembre 1947».
2 FEBBRAIO 1948
«E il 2 febbraio del 1948 si fece la
prima funzione nella chiesa dei Sordomuti in Via Serra,
chiesa mezza disastrata, buia, con Mons. Zuccarino, Don
Recagno e assieme alle "12 stelle". Eravamo in tutto 12 come
i primi apostoli. E’ stata la prima benedizione alla Piccola
Opera Regina Apostolorum che si costituiva per volontà del
Signore e patrocinata dalla tenerezza di Maria Santissima in
ausilio al Sacerdozio» (dall'archivio dell'Opera).
L'Opera è del Signore e l'ha fatta Lui! Don
Vailati ha suggerito l'idea per il sogno inviato dal
Signore, Mons. Recagno ha fatto l'Opera con la sua santità
e il prestigio del suo nome che apriva tutte le porte; Sua
Eminenza, lungimirante ha accolto l'idea “passibile di
grandi sviluppi” e ha dato la sua benedizione e io
(Suor Ada)... ho fatto il galoppino
del Signore e ho sempre tirata la carretta e la tiro
tuttora.
L'Opera ha cominciato il suo cammino di meraviglia
in meraviglia, di miracolo in miracolo e nessuno potrà mai
descrivere la gioia di queste scoperte: solo chi le ha
provate».
LA PRIMA CASA
Nel 1950 la
Signorina Carbonaro disse: «Non potete continuare cosi,
avete bisogno di una casa» e da Cividale, dove risiedeva,
scrisse alla Direttrice di andare a vedere in Via Curtatone
dove stavano costruendo e c'erano degli appartamenti in
vendita. Aveva a disposizione sei milioni e mezzo. La
Direttrice pensando che non fossero sufficienti per
acquistare in quella zona cosi bella e centrale, non osava
informarsi. Poi si fece coraggio e telefonò all'Impresa
Immobiliare. Incredibile ma vero: l'appartamento che sarebbe
andato bene per la Piccola Opera costava esattamente sei
milioni e mezzo! «Digitus Dei» esclamò in seguito
Mons.Zuccarino. E cosi il 15 gennaio 1951 si ebbe la casa,
la sede dell'Opera in Via Curtatone dove prima della guerra
c'era il monastero delle Suore Riparatrici.
LE AMICHE
Nel frattempo
il Cardinale riconobbe anche la Pia Unione delle Amiche
della P.O.R.A. dicendo che ci sarebbero state di grande
aiuto. E fu vero. Il riconoscimento porta la data del 27
dicembre 1950, festa di San Giovanni Apostolo, amico di
Gesù.
I VOTI
7 ottobre 1951. Seguendo il racconto scritto dalla
Direttrice leggiamo:
«Il
Cardinale disse anche che ora si potevano emettere i
voti e fissammo il 7 ottobre: la prima domenica di
ottobre, festa della Madonna del Rosario. Intanto
anche Don Vailati si era dato da fare: ci aveva fatto
pervenire un piccolo regolamento con specificato lo scopo
dell'Opera, un libretto di preghiere, dove io trovai quella
preghiera che lui aveva letto nello stesso pomeriggio
di quella domenica che in confessione gli avevo detto del
sogno: la preghiera di S. Pio X per la santificazione del
Clero con la frase "noi confessiamo di esserci resi
indegni di avere santi Sacerdoti" e con il titolo
dell'Opera: “Piccola Opera Regina Apostolorum” e disse che
aveva dato il nome della Madonna perché non
dovevamo apparire noi. Consigliò anche di fare un foglietto: una piccola pubblicazione con le notizie
dell'Opera, del lavoro, del suo fine. Per diversi anni
finché non fu eletto Vescovo e poi trasferito nelle
Puglie a San Severo, il foglietto mensile lo
compilava lui e portava in prima pagina, sempre, un
pensiero sul Sacerdozio.
Del resto tutto e stato raccolto e questi
foglietti esistono tuttora». (Sono
praticamente i primi numeri del periodico Piccola Opera
Regina Apostolorum che continua ad essere pubblicato).
“Dopo essere state fissate le basi essenziali
dell’Opera:
- “ci siamo resi indegni di avere santi
Sacerdoti” quindi conseguente
necessità di preghiera, immolazione e sacrificio per i
Sacerdoti, figli prediletti della Madonna, continuatori
della salvezza operata dal Figlio;
-
dedizione per tutti i Sacerdoti e sostegno per ciascuno di
essi senza considerazione di pregi e di meriti personali;
- profondo spirito di fede nei loro riguardi per vedere
unicamente la sublimità della loro consacrazione e missione
che va al di là di ogni eventuale fragilità umana, l’Opera ha cominciato il suo cammino di meraviglia in
meraviglia, di miracolo in miracolo e nessuno potrà mai
descrivere la gioia di queste scoperte: solo chi le ha
provate”.
LA SPEZIA
«Nel frattempo (1949) venne in ditta Lagomarsino
un Padre Gesuita per la riparazione di una stampante e
quella che fu poi una delle prime suore ne aveva
approfittato per consegnargli proprio uno di quei piccoli
regolamenti mandati da Don Vailati. Io non c ero. Quando me
lo disse mi misi a ridere "Figurarsi! I Gesuiti così potenti
se prendevano in considerazione noi!" e invece quel Padre
Gesuita consegnò subito il nostro regolamento ad una sua
penitente della Spezia che si presentò da noi il 29 agosto,
festa della Madonna della Guardia. Lei ne parlò ad un'altra
della Spezia e io cominciai ad andare a fare delle
riunioni... a parlare dell'Opera. E andai tenacemente, ogni
mese, per dieci anni consecutivi», mentre la prima Figlia di
La Spezia oltre aver messo a disposizione la sua casa per le
riunioni, si occupava dei seminaristi, lavando e riordinando
la loro biancheria, provvedendo a portare le merende ogni
settimana ecc.
Nel 1959 anche a La Spezia la provvidenza mandò una sede. La
signorina Ines Rocca di Genova, amica della Piccola Opera,
acquistò una villetta in vendita in via XXVII Marzo e
provvide, a sue spese alle necessarie ristrutturazioni.
Sorse così la Casa del Clero, chiamata anche Casa di Loreto
per espresso desiderio della benefattrice. Essa infatti
doveva essere come la casa della Madonna, quindi casa di
Gesù, una casa che in quanto tale, fosse la più accogliente,
la più adatta per ospitare i Sacerdoti.
PERLETTO
Nel 1955, fidandosi profondamente del Signore e con
l’aiuto della sua Provvidenza (che anche quella volta si
manifestò attraverso il contributo della signorina
Carbonaro), Suor Ada apri a Perletto in provincia di Cuneo
una Casa estiva per Seminaristi e Sacerdoti. La richiesta di
poter usufruire di una casa estiva venne da un Sacerdote
prefetto in Seminario che, nonostante tutte le sue ricerche,
non riusciva a trovare un posto adatto per portar e i seminaristi in vacanza e quindi si
rivolse alla Direttrice. Gli inizi non furono facili… Dopo
molte peripezie e difficoltà, fu fatto l’atto d’acquisto di
un castello, ma il bello doveva venire. Scriveva
tra l’altro la Direttrice:”… Fatto l’atto d’acquisto ebbi
un momento di scoraggiamento. La casa c’era, ma bisognava
aggiustarla, ammobiliarla e a giugno farla funzionare.
Avremmo avuto la forza? Fui tentata di affittarla, ma il
pensiero che la signorina Carbonaro l’aveva comprata per
l’Opera e per una destinazione ben precisa, m’incitò: ci
mettemmo al lavoro e chiamammo a raccolta le Amiche. Chi ci
regalava mobili, chi ci faceva offerte, chi acquistava un
letto in memoria di un defunto, insomma l’11 maggio, festa
di S.Antonino, si poté partire da Genova con un camion a
rimorchio carico di mobili e quella stessa estate la casa fu
aperta. I seminaristi ne approfittarono subito e si arrivò
ad averne ventisette e tutti da mantenere! E chi li
manteneva? La Provvidenza impersonata nei Perlettesi… Chi ci
pagava il pane per tutta l’estate, chi ci dava il vino, chi
la farina, chi la verdura e la frutta. E in seguito
per poter affrontare le spese di gestione, a Genova si
faceva ogni anno una lotteria. Anche Mons. Recagno si dava
da fare per distribuire blocchetti di biglietti da vendere
tra le persone che conosceva”.
A Perletto andarono anche molti Sacerdoti specie
quelli che avevano bisogno di riposo e di cure e c’è chi
ancora ricorda con riconoscenza e nostalgia i periodi sereni
e corroboranti trascorsi nel castello in quei primi anni.
IL CONVITTO ECCLESIASTICO
Nel 1957, il Cardinale Siri, dopo essersi consultato
con i suoi Vicari, chiese alla Direttrice se si
sentiva di assumere la conduzione del Convitto
Ecclesiastico: “Glielo affido come fosse la sua casa”. Suor
Ada accettò l’incarico con sacrificio perché consapevole
delle gravi difficoltà cui sarebbe andata incontro. Accettò
per obbedienza, ma spinta da sincero Amore per il suo
ideale. Lasciò quindi definitivamente il mondo del lavoro per
dedicarsi in modo esclusivo al servizio dei Sacerdoti
risiedendo, insieme a due suore della PORA, nella casa del
Clero in salita delle Fieschine. La presenza al Convitto Ecclesiastico di Suor Ada,
denominata da tutti «Direttrice», fu determinante. La casa
che, come si legge in alcune relazioni di Sacerdoti, era in
stato di notevole degrado, gestita da dipendenti laici che
ignoravano la presenza di un Rettore e davano alloggio a
chiunque, aveva bisogno di una persona oculata, energica,
con particolari doti organizzative, consapevole delle
necessità fisiche e spirituali del Sacerdote per il quale
occorre soprattutto profonda stima, rispetto e venerazione.
La Direttrice prese in mano con decisione il Convitto
riordinandolo e iniziando a seguire i Sacerdoti ospiti con
grande attenzione e sollecitudine materna. Quanti problemi la Direttrice fece suoi e cercò di
risolvere, prima con la preghiera e subito dopo con azione
pratica e generosa! Purtroppo non fu sempre capita... Ma
Suor Ada che aveva, tra le sue prerogative, un grande
coraggio e una profonda rettitudine di intenzione, non si
lasciò mai sopraffare dalle difficoltà. Ripeteva sempre che
al di sopra di tutti c’è il Signore. Lui solo può giudicare.
Occorre tanta fede specie quando si lavora per Lui e per i
suoi ministri nei quali più che l’uomo occorre sempre vedere
“il sacerdote”.
IL SEMINARIO DEL RIGHI
Nell’estate del 1967 mons. Luigi Roba, Rettore del
Seminario Maggiore, chiese alla Direttrice se eravamo
disposte a prestare il nostro servizio anche in Seminario,
specie per la cucina. Le suore che c’erano da tanti
anni avevano chiesto di essere sostituite. La
Direttrice ci pensò e poi accettò nonostante fosse, come lei
stessa affermava,
“un’impresa faticosa per le nostre forze…Quando accettai
ho visto soltanto i futuri sacerdoti e l’Opera che li
seguiva dal Seminario al… Convitto”. Purtroppo nel 1979 si ammalò la suora della cucina e
un’altra dovette subire un’operazione. Non si trattava di
cose lievi e di facile guarigione per cui la Direttrice, con
suo grande dispiacere, fu costretta a sospendere quel
particolare servizio della PORA in Seminario.
LA PICCOLA OPERA A BERGAMO
Nell’autunno del 1970 ci chiesero se potevamo andare
a Bergamo in aiuto a tre Sacerdoti che desideravano fare
vita di comunità. Poteva essere, oltre tutto, un modo per
farci conoscere. Tra le suore c’era chi era entusiasta e
disposta ad andare e la Direttrice accettò. Il Cardinal Siri
al quale era stato chiesto un parere diede una risposta
positiva definendo quella città “semenzaio di vocazioni”. In
realtà le vocazioni non vennero e il Vescovo non si mostrò
propenso ad accogliere l’Opera. C’erano già tante
Congregazioni religiose nella sua Diocesi! Dopo sette anni
di lavoro a servizio dei Sacerdoti e della comunità
parrocchiale, si dovette concludere l’attività anche perché
c’era bisogno di alleggerire il lavoro delle suore che erano
nel Seminario del Righi.
LA CASA DI TIGLIETO
Intanto a Tiglieto era stata donata all'Opera una
cascina in mezzo a un prato: Suor Ada la ritenne subito
adatta per i campeggi estivi organizzati da Sacerdoti. Avviò
con fiducia i lavori più necessari e il 1 ° Maggio 1973
arrivò il primo gruppo parrocchiale di ragazzi al quale ne
sarebbero seguiti innumerevoli altri, ogni estate.
LE OBLATE
Nel 1968, nonostante la crisi religiosa della fine
degli anni `60, la Direttrice fondò il ramo delle Oblate,
consacrate della P.O.R.A che vivono alla maniera degli
Istituti secolari.
LA CASA DI CHIAVARI
A Chiavari l’Opera aveva avuto in donazione una
villetta con terreno attorno e la Direttrice la designò come
«Casa Vocazionale Regina Apostolorum». Fu inaugurata nel
1985 dopo essere stata ristrutturata e attrezzata per
incontri giovanili vocazionali e di preghiera nei fine
settimana.

Il Signore aveva
dotato Suor Ada di una fiducia immensa nella sua Provvidenza
e nella Madonna, fiducia sempre alimentata nella preghiera,
ed inoltre le aveva donato un'intelligenza operativa
senz'altro fuori dell'ordinario, un'intelligenza arricchita
da un grande senso pratico e da una intuizione profonda. Ella mise queste doti a servizio dei Sacerdoti e della
Piccola Opera, tanto che molte sono le testimonianze di
coloro che ricordano questa donna eccezionale nella fede e
nella forza interiore.
Ancora nel 1986, a 83 anni, curava e scriveva tutto
il bollettino della P.O.R.A., senza contare tutte le varie
attività apostoliche a cui partecipava da ideatrice: la
guida della comunità religiosa, del Convitto,
dell'Associazione Familiari del Clero (iniziata insieme a
Mons. Luigi Roba nel 1972), la cura delle postulanti, dei
singoli Sacerdoti che da lei cercavano consiglio e
incoraggiamento, le relazioni con il Seminario, la Curia e i
Superiori ecclesiastici, ecc.
Purtroppo il 23 maggio del 1987 subì un doloroso
incidente... Da quel giorno, anche se apparentemente, dopo il ricovero in
ospedale ecc. pareva che la Direttrice si fosse ripresa, la
situazione cambiò. Come aveva pronosticato il medico la
Direttrice non sarebbe stata più come prima perché il trauma
subito l’aveva segnata profondamente. Conduceva una vita normale ma non aveva più la “grinta” che
l’aveva sempre caratterizzata. Trascorreva la maggioranza del suo tempo nella portineria
del Convitto: riceveva le persone, rispondeva al telefono
ecc. , ma era piuttosto taciturna e assorta. La corona del
Rosario era sempre tra le sue mani e sgranava molti Rosari
per tutti: per le suore, i Sacerdoti, le vocazioni ecc. Si era prefissato una specie di programma in questa sua
preghiera e sull’agenda della scrivania (in alto, sul
margine) notava a che punto era arrivata nella recita dei
suoi rosari per non dimenticare nessuno.
LA P.O.R.A. DIVENTA CONGREGAZIONE
Il 2 febbraio 1994 ebbe la gioia di vedere la
P.O.R.A. eretta a Congregazione religiosa di Diritto
diocesano dal Cardinale Giovanni Canestri; l' 11 marzo dello
stesso anno con commozione fece la professione perpetua e
tutte le sue Figlie la fecero nelle sue mani. Spesso, lei, donna schiva ed essenziale,
guardava con fierezza l'anello nuziale della Professione e
non lo toglieva mai.
Il 6 ottobre 1995 cominciò a star male e, per le
varie complicazioni, a fermarsi a letto. Passò un mese in
queste condizioni, sofferente e serena, trovando sollievo
nella preghiera e nella presenza delle sue Figlie. Il 7 novembre si spense serenamente andando incontro al suo
Signore amato e servito nella fedeltà di una vita offerta
per i Sacerdoti.
|