PASQUA FESTA DELLA SPERANZA
di Suor Ada Taschera

E' nella morte di Cristo la nostra colpa e nella Risurrezione di Cristo la nostra giustificazione e la nostra gioia.

Il dramma di dolore e di odio generato dal peccato di Adamo è difficile comprenderlo, per comprenderlo dovremmo aver provato la dolcezza della vita dei primo uomo in completa amicizia con Dio e con tutta la natura creata.

Noi ci siamo trovati ad essere nel mondo con una eredità perduta prima di conoscerla, e solo la risurrezione di Cristo è venuta ad aprirci lo spiraglio dei beni perduti e la pallida visione dei beni futuri.

L'incarnazione, la morte di Cristo sono diventate simbolo di vita solo perché segnate dal sigillo del Padre con la risurrezione di Cristo.

Tutto noi possiamo per la Sua Risurrezione.  Se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede, dice S. Paolo.

Noi abbiamo una certezza perché questa è stata convalidata e ci appartiene come uomini perché conquistata, raggiunta, concessa ad un vero uomo della nostra stirpe: al nuovo Adamo.

Quello che ci sarà riservato ancora non lo conosciamo appieno: lo crediamo solo per fede. II Signore ha voluto riservare a noi ancora una prova: quella della fede.

Fede nella sua Parola, fede nella Sua Promessa, fede nella Risurrezione di Gesù Cristo. Come è risorto Lui risorgeremo anche noi nell'ultimo giorno: quell'ultimo giorno che a noi sembra così problematico e lontano!

Prima di quell'ultimo giorno in cui avverrà la risurrezione dei corpi, vi è per tutti noi un altro ultimo giorno: quello della nostra morte. E questo è il più importante perché dal come saremo trovati al momento di quel trapasso dipenderà per noi la nostra condizione per tutta l'eternità: saremo con Dio o lontani da Dio, avremo la vera Vita o la vera Morte.

Come sarà la grande ricompensa di coloro che muoiono nel Signore? Certo noi non possiamo averne un'idea chiara del Paradiso.

Ad alcuni il Signore lo ha fatto vedere o intravedere, come a S. Paolo che fu trasportato al settimo cielo «col corpo o senza il corpo non lo so».

E' certo che il Signore non fa né concede mai niente che non sia per un suo fine di bene. Penso che il coraggio, la fortezza battagliera di S. Paolo per predicare Cristo venisse proprio dall'aver intravisto quale era la realtà della beatitudine che l'aspettava.

Se il premio era ciò che aveva visto che importanza potevano avere le pene terrene?

Se per una grazia speciale a noi fosse fatta intravedere la nostra condizione di beati in paradiso vivremmo davvero sulla terra operosi sì, ma staccati da tutto: dal successo e dall'insuccesso; soltanto in obbedienza e amore a Cristo, nel servizio dei fratelli, sempre protesi ansiosamente alla patria celeste.

Questo mi pare che dovrebbe essere il senso della Pasqua di morte e risurrezione per coloro che vivono di fede nella parola di Cristo.